Tra loro si dissero di non aver visto i cerchi la sera prima a causa del crepuscolo, si convinsero che erano sempre stati lì; qualcuno li aveva incisi tempo prima.
Andrew chiamò a lungo Alf, invano. L'angoscia attanagliava il falegname, senza dubbio il più provato dei tre. Anche se sperava di sbagliarsi, in fondo sapeva che il cane non sarebbe tornato. Sapeva che quei cerchi erano apparsi dal nulla.
Jeremiah si offrì di perlustrare i dintorni e cercare Alf, nel tentativo di tranquillizzare Andrew.
Restarono Josephine e il falegname, e lei chiese di mostrarle dove aveva visto l'occhio.
Glielo indicò, era un albero con i cerchi concentrici come tutti gli altri, ma Andrew l'aveva visto vivo la notte prima. L'iride scura lo fissava al centro, circondata dal bianco del bulbo.
Josephine imbracciò il piccone, sicura di sapere come tranquillizzare il compagno: "E' solo legno, guarda", e vibrò un colpo.
La punta affondò come perforasse la carne.

Jeremiah cercò di ripercorrere la strada che avevano fatto per giungere al cottage. Scese lungo lo stesso versante dalla collinetta, ma una volta in piano, senza punti di riferimento, si rese conto di quanto fosse complicato orientarsi. Con sé aveva il badile, per rimuovere le foglie morte e il nevischio nel caso avesse trovato qualcosa, ma non ce ne fu bisogno.
Un riflesso metallico attirò la sua attenzione. Era la medaglietta di Alf, annessa al suo collare strappato. La raccolse, si guardò attorno. Niente impronte, niente sangue, niente di niente. Era come se quel collare fosse piovuto dal cielo. Forse le orme del cane erano state attutite dalle foglie, e questa era la spiegazione. Forse si era impigliato e il collare si era strappato. Decise che non avrebbe detto nulla ad Andrew per non peggiorarne lo stato d'animo.
All'improvviso il grido terrorizzato di Josephine impedì a Jeremiah qualunque altra congettura.

Josephine indietreggiò urlando inorridita quando le palpebre dell'occhio di spalancarono. Il bulbo si muoveva impazzito, straziato dalla ferita da cui sgorgava copioso un icore rossastro resinoso e denso come il miele.
Andrew l'afferrò mentre si voltava per fuggire: "Fermati! Che succede?!"
Josephine leggeva sorpresa e preoccupazione nei suoi occhi. Guardò di nuovo la pianta. Nel punto colpito dal piccone, un rivolo di resina rossastra colava dal legno scoperto.
Il suo sguardo si spostò di nuovo su Andrew, era palese che non avesse visto nulla di strano.
Provò stupore e sollievo, e vergogna. Era appena stata preda della stessa suggestione da cui voleva liberare Andrew, aveva permesso alla sua mente di prendersi gioco di lei.
Si sentì stupida.
Jeremiah arrivò ansimando, aveva risalito di corsa la collina, ma si rasserenò vedendo che stavano tutti bene.
"Non è nulla" disse Josephine tranquillizzando i compagni. "Mi sono lasciata spaventare dalla mia stessa immaginazione."

06 - ALLUCINAZIONI

Tra loro si dissero di non aver visto i cerchi la sera prima a causa del crepuscolo, si convinsero che erano sempre stati lì; qualcuno li aveva incisi tempo prima.
Andrew chiamò a lungo Alf, invano. L'angoscia attanagliava il falegname, senza dubbio il più provato dei tre. Anche se sperava di sbagliarsi, in fondo sapeva che il cane non sarebbe tornato. Sapeva che quei cerchi erano apparsi dal nulla.
Jeremiah si offrì di perlustrare i dintorni e cercare Alf, nel tentativo di tranquillizzare Andrew.
Restarono Josephine e il falegname, e lei chiese di mostrarle dove aveva visto l'occhio.
Glielo indicò, era un albero con i cerchi concentrici come tutti gli altri, ma Andrew l'aveva visto vivo la notte prima. L'iride scura lo fissava al centro, circondata dal bianco del bulbo.
Josephine imbracciò il piccone, sicura di sapere come tranquillizzare il compagno: "E' solo legno, guarda", e vibrò un colpo.
La punta affondò come perforasse la carne.

Jeremiah cercò di ripercorrere la strada che avevano fatto per giungere al cottage. Scese lungo lo stesso versante dalla collinetta, ma una volta in piano, senza punti di riferimento, si rese conto di quanto fosse complicato orientarsi. Con sé aveva il badile, per rimuovere le foglie morte e il nevischio nel caso avesse trovato qualcosa, ma non ce ne fu bisogno.
Un riflesso metallico attirò la sua attenzione. Era la medaglietta di Alf, annessa al suo collare strappato. La raccolse, si guardò attorno. Niente impronte, niente sangue, niente di niente. Era come se quel collare fosse piovuto dal cielo. Forse le orme del cane erano state attutite dalle foglie, e questa era la spiegazione. Forse si era impigliato e il collare si era strappato. Decise che non avrebbe detto nulla ad Andrew per non peggiorarne lo stato d'animo.
All'improvviso il grido terrorizzato di Josephine impedì a Jeremiah qualunque altra congettura.

Josephine indietreggiò urlando inorridita quando le palpebre dell'occhio di spalancarono. Il bulbo si muoveva impazzito, straziato dalla ferita da cui sgorgava copioso un icore rossastro resinoso e denso come il miele.
Andrew l'afferrò mentre si voltava per fuggire: "Fermati! Che succede?!"
Josephine leggeva sorpresa e preoccupazione nei suoi occhi. Guardò di nuovo la pianta. Nel punto colpito dal piccone, un rivolo di resina rossastra colava dal legno scoperto.
Il suo sguardo si spostò di nuovo su Andrew, era palese che non avesse visto nulla di strano.
Provò stupore e sollievo, e vergogna. Era appena stata preda della stessa suggestione da cui voleva liberare Andrew, aveva permesso alla sua mente di prendersi gioco di lei.
Si sentì stupida.
Jeremiah arrivò ansimando, aveva risalito di corsa la collina, ma si rasserenò vedendo che stavano tutti bene.
"Non è nulla" disse Josephine tranquillizzando i compagni. "Mi sono lasciata spaventare dalla mia stessa immaginazione."

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