Nel grigiore del suo lunedì mattina di ferie forzate, Franco s’incammina verso la caserma dei carabinieri deciso a venire a capo di questa storia che gli sta togliendo il sonno.
La caserma è un orrendo edificio anni settanta di mattoni rossi circondato da una pesante inferriata su cui campeggiano i soliti cartelli di “limite invalicabile”.
Sono le otto e mezza quando si presenta in portineria e chiede di incontrare l’appuntato descrittogli da Federico, che ricorda chiamarsi Ciro.
Il giovane militare alla guardiola gli comunica che dovrà aspettarlo perché è di ronda.
Franco scuote le spalle e si accomoda su una delle sedie disposte all’ingresso, tra un viado in ciabatte ed una vecchia che deve denunciare lo smarrimento della carta d’identità per la quarta volta. Del resto non ha molta fretta oggi.
Dopo un paio d’ore finalmente Ciro rientra, portandosi addosso un forte aroma di caffè.
Il carabiniere lo saluta amichevolmente con quel suo marcato accento meridionale. Franco aveva già avuto a che fare con lui diverse volte per varie ragioni in passato. Come dall’impietosa descrizione di Federico attraverso cui l’aveva individuato, la bellezza non era mai stata il suo punto di forza. Tuttavia oggi lo trova più sciupato del solito, con la pelle e le sclere degli occhi di un malsano colorito giallastro.
Franco, accampando la scusa di dover scrivere una serie di articoli sull’aumento del traffico pesante in zona ed in particolare sull’impatto sulla sicurezza stradale della nuova tangenziale -  tema molto sentito localmente - convince l’appuntato a ripercorre i più recenti incidenti, specialmente quello di martedì scorso.
Si accomodano attorno ad una scrivania sommersa di carta e pratiche inevase e Franco inizia a far domande.
Il colloquio tuttavia è un mezzo buco nell’acqua: Ciro è un insieme di “non ricordo”, incompetenza, negligenza e scarico di responsabilità su altri apparati pubblici o delle forze dell’ordine. Non che Franco si aspettasse molto di più da questo individuo, ma sperava in qualcosa di meglio.
Le uniche informazioni che riesce a rimediare sono che il camion aveva targa straniera, e nel malandato verbale redatto il giorno dell’incidente si fa riferimento alla proprietà del veicolo come "TPK GmbH".
Quando Franco gli chiede espressamente del conducente, Ciro ribatte semplicemente che non c’era, lamentandosi di questi “shtracomunitari che manco la patente tengono e abbandonano i camion per strada!”.
– Mi scusi Ciro, ma allora da dove provengono i pochi dettagli che ho letto sulla stampa riguardo al fatto che il conducente stesse guardando il telefonino?
Il carabiniere risponde candidamente: – Abbiamo trovato nu cellulare in cabina, che c’aveva ‘na quantità di cose in straniero che nun se capivano neanche i numeri… manco l’abbiamo sequestrato, tanto nun se capiva …
Franco lo fissa allibito.
– Ma avete provato a contattare questa TPK?
– Sììì, ma nun ce sta niente, ha provato anche Rocco che sa usare lu compiutér e l’internét. Niente. E poi nessuno in centrale parla lo straniero.
– Ma scusi… c’è un mezzo appartenente ad una società, che ha sversato dei liquidi, avrete visto cos’era…
– Eh ma lo sversament’ non è affar nostro, ce stanno i pompieri per quello. Se han visto qualcosa l’han visto i colleghi del comando che son intervenuti sul posto. C’era Antonio, quello alto alto.
Franco, esterrefatto dalla superficialità del caso accenna ad una critica: nessuna indagine aperta… verbale incompleto… tuttavia Ciro, impassibile, ribatte con motivazioni assurde che a lui paiono le più naturali del mondo “coi mezzi che l’Arma ha oggigiorno”. Franco, non volendo arrivare ad indispettire il suo interlocutore, decide di mollare ed andarsene ringraziando l’appuntato per il suo prezioso tempo.

SCENA 15

 
Nel grigiore del suo lunedì mattina di ferie forzate, Franco s’incammina verso la caserma dei carabinieri deciso a venire a capo di questa storia che gli sta togliendo il sonno.
La caserma è un orrendo edificio anni settanta di mattoni rossi circondato da una pesante inferriata su cui campeggiano i soliti cartelli di “limite invalicabile”.
Sono le otto e mezza quando si presenta in portineria e chiede di incontrare l’appuntato descrittogli da Federico, che ricorda chiamarsi Ciro.
Il giovane militare alla guardiola gli comunica che dovrà aspettarlo perché è di ronda.
Franco scuote le spalle e si accomoda su una delle sedie disposte all’ingresso, tra un viado in ciabatte ed una vecchia che deve denunciare lo smarrimento della carta d’identità per la quarta volta. Del resto non ha molta fretta oggi.
Dopo un paio d’ore finalmente Ciro rientra, portandosi addosso un forte aroma di caffè.
Il carabiniere lo saluta amichevolmente con quel suo marcato accento meridionale. Franco aveva già avuto a che fare con lui diverse volte per varie ragioni in passato. Come dall’impietosa descrizione di Federico attraverso cui l’aveva individuato, la bellezza non era mai stata il suo punto di forza. Tuttavia oggi lo trova più sciupato del solito, con la pelle e le sclere degli occhi di un malsano colorito giallastro.
Franco, accampando la scusa di dover scrivere una serie di articoli sull’aumento del traffico pesante in zona ed in particolare sull’impatto sulla sicurezza stradale della nuova tangenziale -  tema molto sentito localmente - convince l’appuntato a ripercorre i più recenti incidenti, specialmente quello di martedì scorso.
Si accomodano attorno ad una scrivania sommersa di carta e pratiche inevase e Franco inizia a far domande.
Il colloquio tuttavia è un mezzo buco nell’acqua: Ciro è un insieme di “non ricordo”, incompetenza, negligenza e scarico di responsabilità su altri apparati pubblici o delle forze dell’ordine. Non che Franco si aspettasse molto di più da questo individuo, ma sperava in qualcosa di meglio.
Le uniche informazioni che riesce a rimediare sono che il camion aveva targa straniera, e nel malandato verbale redatto il giorno dell’incidente si fa riferimento alla proprietà del veicolo come "TPK GmbH".
Quando Franco gli chiede espressamente del conducente, Ciro ribatte semplicemente che non c’era, lamentandosi di questi “shtracomunitari che manco la patente tengono e abbandonano i camion per strada!”.
– Mi scusi Ciro, ma allora da dove provengono i pochi dettagli che ho letto sulla stampa riguardo al fatto che il conducente stesse guardando il telefonino?
Il carabiniere risponde candidamente: – Abbiamo trovato nu cellulare in cabina, che c’aveva ‘na quantità di cose in straniero che nun se capivano neanche i numeri… manco l’abbiamo sequestrato, tanto nun se capiva …
Franco lo fissa allibito.
– Ma avete provato a contattare questa TPK?
– Sììì, ma nun ce sta niente, ha provato anche Rocco che sa usare lu compiutér e l’internét. Niente. E poi nessuno in centrale parla lo straniero.
– Ma scusi… c’è un mezzo appartenente ad una società, che ha sversato dei liquidi, avrete visto cos’era…
– Eh ma lo sversament’ non è affar nostro, ce stanno i pompieri per quello. Se han visto qualcosa l’han visto i colleghi del comando che son intervenuti sul posto. C’era Antonio, quello alto alto.
Franco, esterrefatto dalla superficialità del caso accenna ad una critica: nessuna indagine aperta… verbale incompleto… tuttavia Ciro, impassibile, ribatte con motivazioni assurde che a lui paiono le più naturali del mondo “coi mezzi che l’Arma ha oggigiorno”. Franco, non volendo arrivare ad indispettire il suo interlocutore, decide di mollare ed andarsene ringraziando l’appuntato per il suo prezioso tempo.

4 commenti:

Ale ha detto...

La scena al tavolo è stata - in contrasto con l'atmosfera generale - esilerante. Il giocatore che interpretava Ciro ci ha fatto ammazzare dalle risate!

Nicholas ha detto...

Dopotutto in ogni horror ci va il comic relief.

andrea ha detto...

Fantastico. Semplicemente fantastico.

Mr. Mist ha detto...

Giunti al "... nessuno parla lo straniero!" ero piegato in due! XD