La palina con la M bianca su sfondo rosso fa bella
mostra di se.
Alcuni operai seduti su blocchi di cemento lo
salutano con un cenno.
“Ingegnere” borbotta uno di loro a mo di saluto.
Giulio, l’altro socio del piccolo studio gli va incontro.
“Cosa è successo?” chiede Ahmed.
“Una crepa nel palazzo, probabilmente a causa
delle vibrazioni, dobbiamo controllare l’integrità strutturale prima che
possano rimettere in moto Masha”.
Giulio guarda l’enorme voragine dove sorgerà la
stazione, da qualche parte li sotto Masha, la talpa meccanica che sta scavando
la linea due, aspetta paziente di ripartire.
I due entrano nell’edifico.
È un palazzo austero della prima metà del ‘900
come molti sulla via.
La crepa è ben visibile sul muro della cantina.
“Ma c’è qualcosa dietro?” chiede Ahmed sbriciando
oltre la spaccatura.
“È cavo” risponde Giulio “ma potrebbe essere
qualsiasi cosa, da una cantina murata a un vano di servizio a una galleria come
ce ne sono a centinaia sotto Torino”.
“D’accordo”.
I due fanno alcuni rilevamenti e poi tornano in
superficie.
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