Rino pianta la pala nella sabbia e la butta di lato.
Dai bordi della buca la sabbia continua a ricadere dentro.
La sua camicia è madida di sudore.
Il vento del deserto gli incolla la polvere rossastra ai vestiti e agli avambracci nudi.
Il sole gli brucia gli occhi.
Prende la fiasca e beve.
Il whisky di infimo livello gli brucia la gola senza dissetarlo.
“Al diavolo!”
Si lascia cadere su un sasso, stremato.
Vicino a lui, sdraiato nella sabbia, il corpo di una donna.
Veste abiti semplici, sporchi di terra.
Un grosso foro di fucile le ha portato via un occhio e metà della testa.
Il sangue è ormai secco intorno alla ferita.
“Dannato Erbert”.
Rino si stacca un pezzo di tabacco e inizia a masticarlo.
La sete aumenta.
Nel caldo del deserto vede un cavallo in lontananza tra le ondate di calore che salgono.
“Oh merda!”
Si alza di scatto facendo cadere il cappello.
Prende il corpo e lo trascina nel buco, ansimando per la fatica.
Veloce ci butta sopra della sabbia, ma la fossa è troppo piccola.
Il cavaliere si avvicina.
Rino spinge più sabbia che può sul corpo.
Poi si gira, facendosi ombra con la mano osserva il nuovo arrivato, è una donna nera, vestita con un abito comodo ma elegante, sta in sella con grazia, i suoi occhi sono fissi su Rino.
“Che stai facendo messicano?”
“Sono italiano” ribatte Rino.
“È uguale, sempre fagioli mangiate”.
“E che ci fa una negra a cavallo?”
La donna guarda sopra la sua spalla.
“Chi stai seppellendo?”
“Seppellendo? Io? Ma no niente, solo alcune vecchie cose”.
La donna lo fissa.
“Sembri uno sveglio per essere un messicano”
“Sono italiano”
“È uguale” la donna scende da cavallo “sto andando a Clearwater da un certo Mr. Bradford, lo conosci?”
Rino fa un lungo fischio
“Ve lo raccomando quello, è un morto di fame”.
“Che vuoi dire?”
“Da quando la ferrovia non si fa più è coperto di debiti”.
“E tu come lo sai”.
Rino sputa un grumo di tabacco nella terra rossa.
“Perchè lavoro per lui”.
Il viso della donna fa una smorfia.
“Non è ricco e possessore di mezza città?”
“Quello possiede solo i suoi abiti e tra poco manco più quelli”.
La donna impreca.
Poi risale a cavallo.
“Come hai detto che ti chiami?”
“Rino”.
“Bene Rino, io sono Janisse, e mi piacerebbe avere un amico in città”.
“Io non sono tuo amico”.
“Se non volevi essere mio amico dovevi coprire meglio quel piede che spunta”.
Rino si gira di scatto, alle sue spalle Janisse galoppa via.

2 - LA FOSSA NEL DESERTO

Rino pianta la pala nella sabbia e la butta di lato. Dai bordi della buca la sabbia continua a ricadere dentro. La sua camicia è madida ...

Mr. Bradford si appoggia al bancone del suo saloon.
Accartoccia il foglio che sta tenendo in mano e lo lancia verso una cassa che fa da cestino.
La palla di carta rimbalza sulle altre cartacce ammonticchiate, sono tutti conti, ingiunzioni di pagamento e avvisi di ipoteca scaduti.
Alza lo sguardo su una cartina della zona.
Clearwater è un buco polveroso nel culo del niente che è quello scatolone di sabbia chiamato Nevada.
La cartina riporta ancora il vecchio tracciato della ferrovia, che avrebbe dovuto collegare il paese a San Francisco e la sua baia, quando si pensava ancora che qui intorno ci fosse un sacco d’oro.
Mr. Bradford guarda il saloon vuoto, gli arredi pretenziosi adatti a una clientela che non arriverà mai.
Sospira.
“Che dannata sfortuna!” impreca.
La mente gli ritorna a una sera nel deserto, la luce di una lanterna...
Un brivido gli scende lungo la schiena.
Scaccia il pensiero e si versa un whiskey.
Poi si gira verso lo specchio che occupa l’intera parete dietro al bancone.
“Tre metri di specchio... fin da Los Angeles me lo sono dovuto far spedire”.
Sospira di nuovo.
Guarda il suo abito impeccabile, si liscia il gilet.
Oggi è il gran giorno .
Cammina, per il saloon vuoto.
“Oggi è il gran giorno” ripete tra se e sorride, ora i problemi sembrano tutti così piccoli e lontani.

1 - IL GRAN GIORNO

Mr. Bradford si appoggia al bancone del suo saloon. Accartoccia il foglio che sta tenendo in mano e lo lancia verso una cassa che fa da...

Gli occhi di Jenny scorrono sulle righe del giornale, soffermandosi per un momento sulla foto del suo ex marito, immortalato al momento della sentenza, con la testa china e le lacrime agli occhi. L'esemplare condanna di Rick O'Donnell occupa la prima pagina del quotidiano, ovviamente, e molti altri articoli riempiono quelle successive. Sembra che non si parli d'altro che dell'uomo che ormai tutti chiamano il "boss della droga di Wilson".
Jenny scuote la testa.
In cuor suo sa che non era lui, il boss, anche senza averne le prove. Rick era solo una nullità e, per quanto ci provi, Jenny non riesce a dare una spiegazione del perché l'abbia sposato. Forse per dimostrare qualcosa a suo padre, o forse solo per sentirsi superiore.
E' una delle tante domande a cui non riesce a dare risposta, pensa ripiegando il quotidiano ed appoggiandolo sul bancone.
Soprattutto non riesce a spiegarsi come abbia potuto non accorgersi della vera natura del vecchio O'Donnell, l'unico vero boss che la contea abbia visto. Saranno stati i suoi sorrisi da uomo di mondo, o la galanteria con cui si è sempre distinto dalla massa.
Jenny non riesce a trattenere un brivido, che le scorre lungo la schiena e le fa venire la pelle d'oca. Quasi sicuramente O'Donnell ha visto l'incidente, quando quel veterano imbottito di droga ha tamponato la sua auto. E se non l'ha visto, ha di sicuro fatto due più due. Il vecchio non è certo uno stupido. Jenny è certa che stia meditando vendetta. In fondo, lei ha distrutto il suo impero.
La reazione a quel tetro pensiero è sempre la stessa: una scrollata di spalle.
Ormai è finita, quella famiglia e tutto il marcio che vi si annidava non è più un suo problema. Dopo che Rick ha acconsentito al divorzio, ha chiuso definitivamente quel capitolo della sua vita: ha venduto tutto e si è rifatta una vita. Grazie ad una nuova identità, ovviamente. L'ultimo regalo di suo padre.

Il campanello della porta tintinna. Uno sguardo veloce, la mano che scatta verso il telefono e si ferma sulla cornetta. Una vecchietta entra nel negozio con una borsa gonfia, la appoggia sul bancone e inizia a svuotarla davanti alla donna.
"Per quando saranno pronte?" chiede.
Jenny fa due rapidi conti. "Per venerdì prossimo".
"Ottimo, giusto in tempo per la festa del mio nipotino!" esclama con un sorriso la vecchietta.
Le mani si muovono rapide, applicando le etichette ai vari capi e riponendo tutto dentro una grossa cesta mentre la cliente mette mano al portafogli per saldare il conto. 

Il rumore delle due grosse lavatrici industriali riempie la piccola stanza sul retro della lavanderia, ma Jenny non ci fa caso. Apre l'oblò di quella ferma e ci infila dentro i capi della vecchietta.
Strana, la vita, pensa Jenny versando la polvere e dosando l'ammorbidente. Tutto è iniziato con del finto detersivo e tutto si è concluso... in una bolla di sapone!

32 - LA COSCIENZA PULITA

Gli occhi di Jenny scorrono sulle righe del giornale, soffermandosi per un momento sulla foto del suo ex marito, immortalato al momento d...

"Che fatica, con quel piantagrane della 2A!" esclama Judith, appoggiando sul bancone il vassoio con i bicchierini di carta vuoti. "Quante storie per prendere le medicine! Le sue mani, però, non volevano saperne di stare al loro posto. Fortuna che domani posso dormire fino a tardi, almeno il mio sedere avrà un po' di riposo!"
Nora, la caposala, appoggia il cruciverba ed alza lo sguardo sulla giovane infermiera. "Sei arrivata da un mese e ti lamenti già? Forse avrei fatto bene a non firmarti le ferie..."
"Da quanti anni lavori qui dentro? Venti, giusto? Come hai fatto a sopportare tutto questo?"
Nora si toglie gli occhiali e li pulisce con l'angolo della tutina. "Pazienza e dedizione, mia cara" esclama stizzita. "Ora compila i diari delle medicine".
Mentre Judith segna i farmaci sulle cartelle, la caposala riprende in mano il giornale ed assapora quell'attimo di tranquillità.
"Ecco qui, questo è l'ultimo" esclama l'infermiera, chiudendo lo schedario. "Posso farti una domanda?"
"Certo, mia cara" sbuffa Nora, alzando lo sguardo al cielo.
"Il tipo che passa le giornate davanti al televisore, quello della 13C in sedia a rotelle... quello che piagnucola sempre".
"Parli di Rosco?"
"Sì, proprio lui!" esclama con un sorriso Judith, poi abbassa il tono della voce. "Come mai sta sempre da solo? Sembra quasi che tutti lo evitino".
"Quello è uno stronzo, credimi! Meglio stargli lontano".
L'infermiera si siede sulla sedia e fissa Nora negli occhi. "Cosa ti ha fatto per meritare tutto questo astio?"
"Non dirmi che non hai mai sentito parlare di quel fattaccio di droga!"
"Intendi quel giovane poliziotto che è stato condannato? O'Donnell, giusto?"
"Sì, mi riferisco proprio a quello".
"E Rosco che c'entra con quel tipo?"
"C'entra eccome! Era il capo della polizia, il suo diretto superiore, e sembra fosse corrotto. E' finito sulla sedia a rotelle proprio durante la cattura di O'Donnell. Sono certa che fosse implicato nella vicenda fino al collo, ma quegli idioti dei giurati l'hanno assolto per mancanza di prove".
"Stai scherzando?"
"No, sono serissima. Forse si sono commossi perché era uno storpio, sta di fatto che l'hanno affidato a sua moglie. Povera donna..."
"Cosa le è successo?"
"Deve averle fatto passare le pene dell'inferno... ne ho sentite di tutti i colori. Sembra che i vicini lo sentissero urlare a tutte le ore, non la faceva dormire. Quando la polizia si è presentata a casa sua, alla fine, ha trovato lei in lacrime e..."
"E...? Continua, non tenermi sulle spine!"
Nora abbassa la voce e controlla che nessuno la senta. "Hanno trovato lui che urlava come un pazzo, disteso per terra, in mezzo alle sue feci. Si è cacato nelle mutande apposta, capisci? Tutto pur di liberarsi di sua moglie, prendersi i suoi soldi e fare la bella vita in una casa di lusso! Figurati che quello stronzo si è addirittura procurato delle bruciature di sigaretta, pur di liberarsi di quella povera donna! Ma a quanto sembra era lui l'unico che fumava, quindi la polizia non gli ha creduto".
"Incredibile..." mormora Judith, gli occhi fuori dalle orbite per lo stupore. "Avevo visto i segni sulle braccia, ma non mi sarei mai immaginata una cosa simile!"
"Alla fine sua moglie è riuscita a convincere il giudice a confinarlo qui ed ora tocca a noi sopportarlo" commenta Nora, disgustata. "Ma io non sono buona come quella santa donna. No, proprio no! E tutti, qui dentro, sanno di cosa è capace ed è per questo che gli stanno alla larga".
"Sarà bene che faccia attenzione, allora!" esclama Judith, osservando il corridoio. "Chi l'avrebbe detto... un vero orco!"
Dalla camera 13C proviene il suono del cicalino.
L'infermiera sobbalza. "Oddio! Che ci abbia sentito?"
"Ne dubito... probabilmente vorrà da bere. Se ti chiede un caffè, fai come fanno tutti... prima di dargli il bicchiere, sputaci dentro".

31 - VOCI DI CORRIDOIO

" Che fatica, con quel piantagrane della 2A! " esclama Judith, appoggiando sul bancone il vassoio con i bicchierini di carta vu...


Eccoci qua, come al solito, a ringraziare gli attori che hanno dato vita a questa avventura.
E, in questo caso, la parola attori calza più di altre volte.

Quando ho deciso di scrivere un'avventura ambientata nel Sanctum Imperio ho deciso anche che avrei voluto dargli un tono meno cupo e disperato di quelle ambientate nel IV Reich o nel Soviet, stiamo pur sempre parlando dell'Italia, dove la commedia la fa da padrona, e questa avventura è un'enorme commedia degli equivoci.
Ci troviamo però nel mondo di Sine Requie dove anche le commedie, e gli equivoci, alla fine si tingono di nero e di morte.

Anche questa avventura sarà disponibile per il download gratuito, se la giocate, fatemi sapere com'è andata, alla fine era un esperimento e un azzardo e mi piacerebbe sentire qualche parere di altri giocatori e master.
Per noi, posso dirvi che è andata molto bene, e ci siamo divertiti tutti molto, ma di questo non posso prendermi il merito, il merito è dei giocatori che l'hanno giocata e l'hanno resa unica e indimenticabile.
Quindi un grazie a:

Ale per aver interpretato Carlo che interpretava Francesco, l'aiuto inquisitore.
Christian per aver interpretato Jacopo, lo scudiero zelante.
Ciro per aver interpretato Mauro, il cinico cacciatore di Morti.
Giovanni per aver interpretato Andrea, il maestro templare.
Paolo per aver interpretato Giulio che interpretava Angelo, l'alto inquisitore.

Grazie per aver trasformato un azzardo in una bellissima narrazione e in un'avventura che ricorderò sempre con divertimento e piacere.

Un doveroso grazie ad Ale che sempre mi ospita sul suo bellissimo blog, dove si possono sempre leggere bellissime One Shot.
E un grazie ovviamente a tutti i commentatori abituali (Mr. Mist, Andrea, Rocco, Kuduk), che sono ormai degli amici e con i quali è sempre bello "fare due chiacchiere" sotto ogni post.

Alla prossima!

RINGRAZIAMENTI

Eccoci qua, come al solito, a ringraziare gli attori che hanno dato vita a questa avventura. E, in questo caso, la parola attori calza p...


Mauro tira su la saracinesca e entra nella sua piccola rimessa.
Guarda il tavolo con alcune armi da fuoco smontate, una fresa, dei trapani, pinze, tenaglie e cacciaviti.
La strada si sta animando.
Il primo ad entrare è un uomo robusto, con una gran pancia e una folta barba.
“Ciao Mauro, è pronta la mia doppietta?”
“Certo!”
Mauro prende un fucile da un ripiano e glielo porge.
“Eccola qua”.
“Perfetto! Sei il migliore”.
“Dove vai?”
“Devo scortare alcuni mercanti verso Genova, speriamo bene”.
“Eh, dura la vita del Cacciatore di Morti…”
“L’hai detto, ma io spero di finire come te, con un piccolo gruzzolo per aprire la mia attività, non si può fare questa vita per sempre”.
“Proprio così, stai sempre pronto perché le occasioni capitano”.
L’uomo saluta e esce.
Mauro si siede su uno sgabello, prende una vecchia pistola e inizia a smontarla.
Entra un giovane ragazza con un cesto.
“Ti ho portato il pranzo testone!”
Mauro si alza, le va incontro e la bacia.
“Grazie, non sono abituato a queste comodità”.
La ragazza sorride.
“Un giorno poi mi racconterai cosa combinavi quando eri cacciatore di Morti”.
“Un giorno si, ma non sono tutte belle storie”.
“E tu raccontami solo quelle belle!”
“Hai ragione… Credo che farò davvero così” Mauro torna al suo sgabello “ci vediamo stasera”.
La ragazza lo saluta ed esce.
Mauro riprende a smontare la pistola.

40 - EPILOGO 3

Mauro tira su la saracinesca e entra nella sua piccola rimessa. Guarda il tavolo con alcune armi da fuoco smontate, una fresa, dei trapa...

Le pale del ventilatore girano lentamente, muovendo l'aria calda senza ottenere alcun effetto apprezzabile. Il barista finisce di pulire l'ennesimo bicchiere e lo piazza sullo sgangherato mobiletto alle sue spalle, poi osserva il bar praticamente vuoto e si concede un sorso di cerveza.
Jose ha ereditato il locale da suo padre e, con i pochi avventori della sera, riesce a malapena a pagare le bollette ed a permettersi una bistecca di tanto in tanto.
Ha pensato tante volte di vendere tutto ed abbandonare Corpus Christi, trasferendosi in un posto meno dimenticato da Dio. Questo, però, vorrebbe dire sradicare sua moglie Maria dal luogo in cui è nata e cresciuta, dai suoi genitori e soprattutto dai suoi giovani studenti. Non può farle questo. In fondo al cuore sa che vivrà per sempre qui, in periferia, e crescerà i suoi figli in maniera semplice, ma onesta.
E comunque questa è anche la sua terra. E in fondo, il profondo Texas non fa poi così schifo. Non così tanto, almeno.
"Vuole qualcos'altro da bere, señor?" domanda, rivolto al nero seduto sulla panca in fondo. Alcune mosche gli girano attorno e Jose si chiede se sia morto, poi un colpo di tosse scuote l'uomo. Non è morto, ma poco ci manca... pensa, girando attorno al bancone, depositando una birra sul suo tavolo e portandosi via il posacenere colmo di mozziconi.
"... grazie. Gracias, o come cazzo si dice" bofonchia Todd, afferrando la bottiglia e scolandosene più di metà in un singolo sorso.
Le sue dita lavorano per estrarre l'ennesima sigaretta dal pacchetto e per portarsela alla bocca. La fiammella guizza davanti al suo naso, accendendo il tabacco un po' troppo in alto. Qui ci vorrebbe un po' di meth, altro che... quella del vecchio sì, che era buona... chissà che fine ha fatto quel figlio di puttana pensa, appoggiando la testa alla parete ed espirando una nuvoletta di denso fumo azzurro. Roba che ti faceva vedere il paradiso, sì...
I suoi occhi si aprono e fissano la televisione appesa sulla parete. Quello schifo di telenovela ha lasciato il posto al telegiornale, ed il cronista ora sta blaterando qualcosa riguardo ad alcune manifestazioni di reduci davanti alla Casa Bianca, ma la mente di Todd è troppo dissociata per riuscire a percepire le parole. File e file di uomini trasandati, dalla barba lunga e dal passo incespicante, marciano lungo il viale sotto l'occhio vigile dei poliziotti e delle telecamere; alcuni in divisa, altri avvolti nella bandiera. Tutti che cercano di tenere la schiena dritta e dimostrare una dignità lasciata in un altro continente. Una triste parata di reduci di quell'inferno che è stato il Vietnam.
Alla fine quei figli di puttana ce l'hanno fatta pensa Todd, appoggiando la sigaretta sul posacenere vuoto e prendendosi la testa fra le mani. Quei fottuti vietcong hanno vinto e ce l'hanno messa in culo a tutti.

30 - LA PARATA

Le pale del ventilatore girano lentamente, muovendo l'aria calda senza ottenere alcun effetto apprezzabile. Il barista finisce di pul...