– Grazie Andrea, è un sollievo, davvero – dice Franco scendendo assieme a Sara e al suo avvocato gli scalini all’ingresso della caserma dei carabinieri.
– Non potevano trattenervi, dai, non scherziamo. Queste sono poco più che ragazzate. Vedrai che si risolverà tutto in un nulla di fatto, senza alcuna conseguenza per voi. Stai tranquillo penserò io a tutto.
La coppia saluta l’avvocato prima di dirigersi a piedi verso casa di Franco. Penseranno poi a recuperare le auto. Ora l’unico pensiero è riposare un po’.
Arrivati a casa, Sara non esita a chiedere spiegazioni. Nuovamente a dir la verità, perché la donna le aveva più volte chieste a Franco durate la notte in prigione, ma lui non aveva voluto menzionare nulla per paura di essere spiato.
– Perdonami se ti ho dato modo di pensar male, non volevo, ma è stato tutto così… assurdo. Lascia che ti racconti…
Franco cerca di spiegarle dall’inizio: il liquido giallo, lo strano sentiero, i segni nei monitor. Questi ultimi sono l’unica cosa che sembra non ricongiungersi al resto, perché in qualche modo anche quella strana materia gialla sembra aver a che fare con qualcosa che c’è sotto la casa cantoniera. Ed infine non riesce a togliersi dalla testa il comportamento bizzarro delle forze dell’ordine. C’è decisamente qualcosa che non va.
Sara ascolta, ma c’è qualcosa di apatico in lei. Forse non gli crede, ma allo stesso tempo è evidente che le ragioni che l’avevano preoccupata e spinta a seguirlo sono cadute.
– Senti, è stato un periodo movimentato, forse è meglio lasciar perdere questo argomento per un po’…
Franco accende la televisione con l’intenzione di alleggerire l’atmosfera con qualche programma frivolo. Tuttavia la TV si illumina sull’ultimo canale visto, RaiNews24.
Franco non riesce a credere ai propri occhi.
“…due aerei cargo appartenenti alla stessa compagnia sono precipitati, quasi contemporaneamente, questa notte alle 4:30 ora italiana. I due aerei erano impegnati nella traversata rispettivamente dell’oceano Atlantico e dell’oceano Pacifico. Ignote al momento le cause degli incidenti, ma gli inquirenti non escludono la pista terroristica…”
Le immagini di repertorio dei cargo mostrano, inequivocabile, il marchio TPK sulle fiancate.

SCENA 24

– Grazie Andrea, è un sollievo, davvero – dice Franco scendendo assieme a Sara e al suo avvocato gli scalini all’ingresso della caserma de...

Il maresciallo dei carabinieri scuote la testa, fissando Sara e Franco ammanettati in piedi davanti a lui.
– Perché vi trovavate là a quest’ora della notte? – chiede minaccioso.
Sara balbetta qualcosa, Franco tace. Sa di essersi messo in una situazione a cui non avrebbe mai pensato fino a pochi giorni prima.
– Allora? Niente da dire? E pensare che non siete più dei ragazzini! Forse una punizione esemplare vi farà passare la voglia di combinare queste bravate, ed educherà gli altri!
Il maresciallo continua con tono intimidatorio, snocciolando le possibili gravi conseguenze del loro atto. La cosa sembra far presa su Sara, che tiene lo sguardo basso, quasi con le lacrime agli occhi.
Franco si mostra più saldo, ma soprattutto non capisce perché l’ufficiale dell’Arma stia calcando così tanto la mano su un fatto di questa entità, sapendo qual è il loro mestiere e consapevole che si sono introdotti in un vecchio edificio abbandonato, non in un appartamento da svaligiare!
– Quindi volete rispondere alle mie domande? Cosa ci facevate là?
– Maresciallo, non c’è una ragione particolare, era una mia curiosità e Sara è arrivata lì solo per una casualità…
Il maresciallo sbatte i pugni sulla scrivania visibilmente irritato, facendo sobbalzare tutti ad eccezione di Ciro, che osserva la scena con sguardo vacuo.
– Mi prendi in giro?! Ah sì? Ciro, sbattili in cella, una notte al fresco e passerà la voglia di fare gli sbruffoni!

SCENA 23

Il maresciallo dei carabinieri scuote la testa, fissando Sara e Franco ammanettati in piedi davanti a lui. – Perché vi trovavate là a que...

Franco avanza rapito nel sotterraneo che si estende nell’oscurità ben oltre la superficie della casa cantoniera. Con la torcia elettrica illumina rampicanti aggrappati al soffitto da cui gocciola liquido giallo che riempie l’ambiente con il suo mefitico odore di decomposizione.
Qui c’è ben poco di normale, e non solo per la presenza della ruota di camion. Questo enorme scantinato gli ricorda un grosso magazzino, e il non vederne la fine gli provoca un senso di angoscia.
All’improvviso una voce alle sue spalle gli intima di fermarsi. Si volta. La luce della torcia che gli viene puntata addosso lo acceca e non può distinguere chi la impugna, ma riesce a notare chiaramente la pistola rivolta contro di lui.
Tuttavia l’accento meridionale è inconfondibile, sebbene il tono sia molto più fermo di qualunque altro in passato.
– Fermo, sei in arresto – gli intima Ciro avvicinandosi. Il suo aspetto è sciupato, gli occhi gialli e gonfi.
Franco non si muove di un millimetro mentre Ciro gli calza un paio di manette.
– Ora verrai con me in centrale.
Lo riporta su, dove vede Sara particolarmente provata già seduta sul sedile posteriore dell’auto del carabiniere. Ciro fa salire anche il fotografo, poi si mette alla guida e si dirige a lampeggianti spiegati verso la caserma.

SCENA 22

Franco avanza rapito nel sotterraneo che si estende nell’oscurità ben oltre la superficie della casa cantoniera. Con la torcia elettrica i...

Sara avanza a fari spenti, fermando la sua Smart proprio dietro il maggiolone parcheggiato. Non si aspettava di arrivare qui alla casa cantoniera. Le molte stranezze negli atteggiamenti di Franco l’avevano convinta a malincuore a seguirlo, ma con ben altri sospetti.
Osserva la rete scostata, la porta d’ingresso socchiusa.
Scende dall’auto e usa il display del telefono per vedere dove mette i piedi. Passata la recinzione viene subito investita da un pungente puzzo di marciume che le strappa una smorfia di disgusto.
Si avvicina all’ingresso con l’intenzione di raggiungere Franco quando sente uno scricchiolio provenire dalla sua destra, seguito da un rumore un più indefinibile, come… molle.
Si gira di scatto, adrenalinica.
Ciro il carabiniere è fisso davanti a lei.

SCENA 21

Sara avanza a fari spenti, fermando la sua Smart proprio dietro il maggiolone parcheggiato. Non si aspettava di arrivare qui alla casa can...

Franco si porta una mano alla bocca, l’odore che si spande dal rampicante spezzato è forte e fastidioso. Lo illumina con la torcia, notando che sembra uscire da dentro la casa cantoniera. La curiosità è troppa per desistere ora.
Franco si avvicina all’ingresso. La robusta porta di legno è socchiusa. La spinge, e questa s’incastra sul pavimento a metà della sua corsa, lasciando tuttavia spazio a sufficienza per entrare.
Nell’atrio anonimo e spoglio, Franco individua il ramo di rampicante, decisamente più spesso all’interno della casa, notando che proviene da una seconda porta interna.
Esita un istante: non sa nemmeno lui perché si sta infilando in questo posto a quest’ora della notte, ma vuole una risposta alle sue domande.
Spinge la seconda porta che si apre con un cigolio, rivelando una scala che scende nell’oscurità verso quella che sembra una cantina. Tenendo la pila ben puntata in avanti Franco la percorre con passi lenti e cauti, trattenendo il fiato.
L’ultimo gradino si apre su un ampio locale sotterraneo. A pochi passi da lui nello stanzone giace abbandonata la ruota di un camion.

SCENA 20

Franco si porta una mano alla bocca, l’odore che si spande dal rampicante spezzato è forte e fastidioso. Lo illumina con la torcia, notand...

Le strade sono buie e semideserte, come sempre capita nelle fredde sere autunnali di provincia. Franco ha aspettato volutamente che fosse tardi, sicuro di non trovare in giro anima viva.
A forza di rimuginare e scervellarsi tutta la settimana su ciò che aveva fotografato, ha ricordato un dettaglio a cui inizialmente non aveva dato peso.
Guida fino al luogo dell’incidente, o meglio fino alla stradina secondaria notata quel giorno, dove aveva notato le tracce di un mezzo pesante.
La memoria non lo ingannava. Se non fosse stata costruita la tangenziale, quella strada avrebbe avuto un senso, e passando per i campi avrebbe condotto chi la percorreva fino alla vecchia casa cantoniera che si trova lungo la vecchia statale, poco dopo la discoteca.
Franco riaccende il maggiolone e percorre lo svincolo dalla superstrada che lo porta sulla statale, fermandosi presso il vecchio edificio abbandonato con l’intenzione di entrarvi a curiosare. Si è portato un tronchese, una pila e un piede di porco. Non sa nemmeno lui perché lo fa, ma la cosa gli provoca un brivido di eccitazione.
Apre facilmente la rete che recinta la vecchia costruzione e si avvicina alla porta.
Un odore pungente di putrefazione, inconfondibile, lo investe.
La luce è scarsa all’esterno, ma un po’ di chiarore arriva dai lampioni della tangenziale. Decide di accendere la torcia elettrica, tanto questa sera la discoteca è chiusa e non è ancora passata una sola vettura.
Col fascio di luce si fa un’idea della casa. Ha l’impressione che i rampicanti che da sempre la avvolgono siano più fitti del solito, così come l’erba che cresce tutt’intorno. Inoltre hanno una forma inusuale, le foglie un qualcosa di inspiegabilmente malsano.
Quasi per sfida decide di spezzarne uno. La linfa giallastra che fuoriesce emette un odore sgradevole di marcio.

SCENA 19

Le strade sono buie e semideserte, come sempre capita nelle fredde sere autunnali di provincia. Franco ha aspettato volutamente che fosse ...

Franco è a casa, da solo. Doveva esserci Giada oggi, ma la sua ex-moglie gli ha fatto sapere senza troppe spiegazioni che avevano un altro impegno e non sarebbe venuta. Lui neanche l’ascoltava mentre glielo comunicava al telefono con quella sua voce indisponente.
Meglio così, sente di avere ancora bisogno di stare solo.
Oggi è l’ultimo giorno di ferie, domani ricomincerà a lavorare.
I suoi occhi indugiano sulla scrivania. Il PC è acceso, con il salvaschermo che disegna linee colorate. Lì a fianco, da giorni, il telefono dell’autista trovato sul tir. Ogni volta che lo guarda sente i battiti accelerare: sa di aver fatto qualcosa che non doveva fare, una violazione grave. Quel reperto dovrebbe stare dai carabinieri, non in casa sua.
Questo fatto gli ha impedito finora di andare fino in fondo, ma dopo giorni di indecisione – e dopo che per giorni nessuno l’ha in qualche modo reclamato – è più che mai convinto ad agire.
Preme a fondo il pulsante di accensione. Sul display compare la scritta TPK di un bianco brillante, ancor prima della schermata iniziale. Lo sblocca, nessuna protezione.
Comincia a cercare, ma ben presto realizza che non ha nulla di ciò che contraddistingue un telefono normale: nessuna rubrica con numeri di telefono sensati, nessun modo per effettuare chiamate. E’ un dispositivo senza alcuna apparente funzione utile.

SCENA 18

Franco è a casa, da solo. Doveva esserci Giada oggi, ma la sua ex-moglie gli ha fatto sapere senza troppe spiegazioni che avevano un altro...

E’ quasi l’ora di pranzo, ma Franco non ha fame. Da ieri sera non mangia e praticamente non dorme. E’ come un'ossessione, ma ormai ne è certo, dietro quell’incidente c’è qualcosa di davvero strano. Troppe omissioni, troppe cose che non tornano. E quel segno che continua a manifestarsi.
Non ha smesso di pensarci un solo secondo ed è sempre più convinto che non avrà pace finché non avrà scoperto cosa sta succedendo realmente.
Più che mai deciso ad andare a fondo, prende la macchina intenzionato a fare il giro degli sfasciacarrozze della zona. D’altronde il camion devono pur averlo portato da qualche parte.
Il più vicino è il “Goi” che si trova nella zona artigianale di un paese limitrofo, a meno di 5 minuti di macchina.
Arrivato sul posto, ferma il maggiolone. Dietro il cancello chiuso, un vecchio capannone con i vetri profilati per metà rotti è stato riverniciato alla meglio di blu e bianco, e la scritta “Goi” a caratteri squadrati riempie un’intera parete.
I colori vivaci perdono d’intensità sotto il cielo plumbeo, e il tutto dà comunque un’impressione di abbandono. Sembra non esserci nessuno, cosa confermata dopo che Franco ha più volte suonato il citofono. Probabilmente sono tutti fuori a pranzo, rintanati in qualche bettola per camionisti che offre menù fisso a pochi euro.
Franco scruta il cortile oltre la recinzione, fino ad individuare il camion con la scritta TPK. Si guarda attorno più volte ed infine scavalca.
Che cazzo sto facendo… pensa, ma ormai c’è dentro fino al collo.
Apre il cassone: vuoto. Poi la cabina e velocemente il cruscotto. Come sospettava il telefono che i carabinieri non hanno sequestrato è rimasto lì. Lo guarda sorpreso, ma in un certo senso se l’aspettava: sullo schermo in alto a sinistra si ripropone quello strano graffio.

SCENA 17

E’ quasi l’ora di pranzo, ma Franco non ha fame. Da ieri sera non mangia e praticamente non dorme. E’ come un'ossessione, ma ormai ne ...

Franco raggiunge il comando dei Vigili del Fuoco nel tardo pomeriggio, quando è sicuro di trovare Antonio in servizio.
Il pompiere lo incontra quasi subito, e Franco non può fare a meno di notare che anche lui sembra affetto da un malanno di stagione: occhi scavati, colorito pallido e un continuo e fastidioso tirar su col naso.
– I primi freddi sono micidiali – si giustifica Antonio – e poi quando la nebbia è bassa lo smog si fa spesso, ed è tutto PM10 che ci respiriamo. E’ impossibile non beccarsi un’influenza.
Come dargli torto pensa il fotografo.
Franco porta con qualche giro di parole il discorso sull’incidente e chiede al vigile del fuoco se ricorda qualcosa riguardo lo sversamento giallo, la ditta del camion, e così via.
La risposta di Antonio è spiazzante: – Il camion semplicemente non trasportava nulla. Sì sì Franco, hai capito bene, il cassone era vuoto e l’autista non era lì quando siamo arrivati (e siamo vicini, per cui non ci abbiamo messo molto).
– Ma quindi, il liquido giallo?
– Detto onestamente, non mi ricordo di aver visto nulla di simile. Noi abbiamo prontamente verificato che non ci fossero perdite pericolose di carburante, e quando siamo stati certi che la zona era sicura ce ne siamo andati lasciando i carabinieri a fare il loro lavoro.
Franco resta pensieroso per alcuni secondi.
– Tutto bene Franco? Scusa, non ti ho neanche offerto qualcosa alla macchinetta. Vuoi un caffè o un tè…?
– No, grazie, Tutto bene comunque, ero un attimo sovrappensiero. Adesso vado, che sono un po’ di fretta.
Uscendo dal comando e passando vicino alla guardiola, Franco viene raggiunto da un refolo di marcio e putrefazione. Istintivamente butta l’occhio nel piccolo locale all’ingresso, dove un vigile del fuoco sta guardando una partita di calcio su una vecchia televisione ignorando di fatto chi va e chi viene.
Franco accelera il passo per uscire, sicuro che la sua immaginazione gli stia giocando brutti scherzi: c’era un vistoso graffio nell’angolo in alto a sinistra di piccolo schermo.

SCENA 16

Franco raggiunge il comando dei Vigili del Fuoco nel tardo pomeriggio, quando è sicuro di trovare Antonio in servizio. Il pompiere lo inco...

Nel grigiore del suo lunedì mattina di ferie forzate, Franco s’incammina verso la caserma dei carabinieri deciso a venire a capo di questa storia che gli sta togliendo il sonno.
La caserma è un orrendo edificio anni settanta di mattoni rossi circondato da una pesante inferriata su cui campeggiano i soliti cartelli di “limite invalicabile”.
Sono le otto e mezza quando si presenta in portineria e chiede di incontrare l’appuntato descrittogli da Federico, che ricorda chiamarsi Ciro.
Il giovane militare alla guardiola gli comunica che dovrà aspettarlo perché è di ronda.
Franco scuote le spalle e si accomoda su una delle sedie disposte all’ingresso, tra un viado in ciabatte ed una vecchia che deve denunciare lo smarrimento della carta d’identità per la quarta volta. Del resto non ha molta fretta oggi.
Dopo un paio d’ore finalmente Ciro rientra, portandosi addosso un forte aroma di caffè.
Il carabiniere lo saluta amichevolmente con quel suo marcato accento meridionale. Franco aveva già avuto a che fare con lui diverse volte per varie ragioni in passato. Come dall’impietosa descrizione di Federico attraverso cui l’aveva individuato, la bellezza non era mai stata il suo punto di forza. Tuttavia oggi lo trova più sciupato del solito, con la pelle e le sclere degli occhi di un malsano colorito giallastro.
Franco, accampando la scusa di dover scrivere una serie di articoli sull’aumento del traffico pesante in zona ed in particolare sull’impatto sulla sicurezza stradale della nuova tangenziale -  tema molto sentito localmente - convince l’appuntato a ripercorre i più recenti incidenti, specialmente quello di martedì scorso.
Si accomodano attorno ad una scrivania sommersa di carta e pratiche inevase e Franco inizia a far domande.
Il colloquio tuttavia è un mezzo buco nell’acqua: Ciro è un insieme di “non ricordo”, incompetenza, negligenza e scarico di responsabilità su altri apparati pubblici o delle forze dell’ordine. Non che Franco si aspettasse molto di più da questo individuo, ma sperava in qualcosa di meglio.
Le uniche informazioni che riesce a rimediare sono che il camion aveva targa straniera, e nel malandato verbale redatto il giorno dell’incidente si fa riferimento alla proprietà del veicolo come "TPK GmbH".
Quando Franco gli chiede espressamente del conducente, Ciro ribatte semplicemente che non c’era, lamentandosi di questi “shtracomunitari che manco la patente tengono e abbandonano i camion per strada!”.
– Mi scusi Ciro, ma allora da dove provengono i pochi dettagli che ho letto sulla stampa riguardo al fatto che il conducente stesse guardando il telefonino?
Il carabiniere risponde candidamente: – Abbiamo trovato nu cellulare in cabina, che c’aveva ‘na quantità di cose in straniero che nun se capivano neanche i numeri… manco l’abbiamo sequestrato, tanto nun se capiva …
Franco lo fissa allibito.
– Ma avete provato a contattare questa TPK?
– Sììì, ma nun ce sta niente, ha provato anche Rocco che sa usare lu compiutér e l’internét. Niente. E poi nessuno in centrale parla lo straniero.
– Ma scusi… c’è un mezzo appartenente ad una società, che ha sversato dei liquidi, avrete visto cos’era…
– Eh ma lo sversament’ non è affar nostro, ce stanno i pompieri per quello. Se han visto qualcosa l’han visto i colleghi del comando che son intervenuti sul posto. C’era Antonio, quello alto alto.
Franco, esterrefatto dalla superficialità del caso accenna ad una critica: nessuna indagine aperta… verbale incompleto… tuttavia Ciro, impassibile, ribatte con motivazioni assurde che a lui paiono le più naturali del mondo “coi mezzi che l’Arma ha oggigiorno”. Franco, non volendo arrivare ad indispettire il suo interlocutore, decide di mollare ed andarsene ringraziando l’appuntato per il suo prezioso tempo.

SCENA 15

  Nel grigiore del suo lunedì mattina di ferie forzate, Franco s’incammina verso la caserma dei carabinieri deciso a venire a capo di ques...



Giovanni risponde stancamente, come uno che era sul punto di addormentarsi dopo il pranzo della domenica.
Franco gli chiede concitato se ha visto il servizio che hanno appena mandato al TG5.
– Sì… perché? – risponde Giovanni, riprendendosi dal torpore pomeridiano.
– Ma l’hai visto bene?
– Ma sì che l’ho visto bene, mica sono rincoglionito. Voglio dire, checché ne dicano quella non è sfiga, dai… che probabilità ci sono che due impianti chimici della stessa proprietà abbiano due incidenti distinti a distanza di mezz’ora l’uno dall’altro? C’è sicuramente di mezzo del terrorismo, ma vorranno avere le loro certezze prima di sventolarlo ai quattro venti!
– No, no… non intendevo quello. Hai visto i camion fermi fuori?
– Sì, erano dei camion…
– TPK, Giovanni, TPK! Come il camion che si è ribaltato qui da noi!
­– Beh, ma sarà una compagnia di trasporti internazionale… che diavolo ti succede Franco?
– No Giovanni, la questione è che non c’è nessuna TPK internazionale, ho già cercato… non esiste! E’ strano no? Potremmo provare a scavare, sai che scoop potrebbe saltar fuori per il giornale?
Giovanni fa una pausa, interdetto.
– Ragazzo mio, tu ti stai facendo dei film. Di cosa stiamo parlando? Ascolta, ultimamente ti vedo sempre un po’ sotto pressione, non è che ti vuoi prendere un po’ di vacanze?
Franco tace a lungo. Balbetta qualcosa di incomprensibile prima di riprendere pacato.
– Sì forse hai ragione Giovanni, devo prendermi un po’ di riposo. Ma senti, Federico non ti ha parlato di… no, scusa, niente… lascia perdere – e mette giù.
Franco resta per un tempo indefinito immobile con il telefono tra le mani.
Poi scorre la rubrica e chiama.
Federico risponde con un “Ohi Franco” sbiascicato nel suo tono da imbecille. Anche da come parla al telefono si capisce che non è proprio sveglio.
– Fede, ciao, ti ricordi l’articolo che hai scritto sul camion che si è ribaltato vicino alla discoteca qualche giorno fa?
– Ah sì, martedì mattina, eh? Ho fatto io l’articolo, eh eh eh…  – puntualizza entusiasta.
– Eh già, il pezzo della vita... Ma tu a che ora sei arrivato là sul posto?
– Boh… saranno state le dieci e mezza.
– E c’era ancora lì il camion?
– Boh… eeeh… no, l’avevano già tirato su, ho parlato col carabiniere, quello basso, tarchiato, pelato, brutto, ma sì lo sai chi è…
– Sì sì, ho capito. Quindi non sai di chi era il camion, il carabiniere non te l’ha detto?
– No.
– Scusa ma non pare anche a te che Giovanni ti abbia fatto pubblicare un articolo povero di particolari? Non perché l’hai scritto tu eh, sia chiaro… hai solo messo le informazioni che avevi, ma di solito...
– Bah, no, d’altronde cosa c’era da sapere di più? S’è ribaltato un camion…
– Beh, ad esempio cosa si è sversato per terra…
– Ma no non c’era niente. Anche i carabinieri hanno detto che era tutto a posto e allora ho scritto così. Boh, avrà portato delle scatole quel camion lì...”
– Ah andiamo bene… scusa, ma da quant’è che lavori al giornale, Fede?
– Boh saranno tre-quat…
­– Minchia ragazzo: verificare le fonti! – sbotta Franco – Vabbè che io faccio il fotografo, ma cazzo…! Niente dai, lascia perdere, scusa se ti ho disturbato. Ci vediamo domani.”
Riaggancia scuotendo la testa, sicuro che Federico non abbia capito un accidente nemmeno questa volta.
Frustratissimo lancia il cellulare sul divano.
Il solito, dannato, onnipresente segno nell’angolo della TV sembra lì a prenderlo per i fondelli proprio ora che ha i nervi a fior di pelle. Prende uno straccio deciso a toglierlo una volta per tutte. Sfrega, sempre più forte, ma il segno è sempre al suo posto. Franco scaglia lo straccio con rabbia, sfrega il segno con l’unghia: lo schermo non presenta graffi di fuori, è perfetto, ma quel dannato sfregio da qualche parte dev’essere per forza!

SCENA 14

Giovanni risponde stancamente, come uno che era sul punto di addormentarsi dopo il pranzo della domenica. Franco gli chiede concita...

L’acqua scorre nel lavandino schiumando sui piatti sporchi. Franco sospira ed immerge la spugna.
Litigare con Giada era l’ultima cosa che voleva, avrebbe dovuto prestare più attenzione alle parole, è così che fanno i bravi padri. Ma dannazione l’adolescenza è così difficile, e tutto è complicato dal divorzio…
Si sporge sul corridoio.
La porta della camera è inesorabilmente chiusa, dall’interno la musica dello stereo ad alto volume rimbomba ovattata. Giada ha eretto tutti i suoi muri e le sue barriere.
Era meglio se uscivo in bicicletta con Ettore stamattina… pensa Franco pentendosi di aver dato buca al suo amico con la passione in comune per le due ruote. Almeno avrei evitato questo disastro.
Franco fa per tornare ai suoi piatti da lavare, quando la televisione accesa in sottofondo (con il suo fastidioso segno nell’angolo) cattura la sua attenzione. L’annunciatrice del telegiornale scandisce la notizia di un doppio incidente a due stabilimenti chimici in Germania appartenenti alla stessa multinazionale. Le immagini del servizio seguente indugiano sulle fiamme alte e il fumo scuro, ma a Franco non sfugge una fugace inquadratura sui numerosi camion marcati TPK fermi proprio davanti agli impianti, né passano inosservati gli importanti sversamenti gialli di sostanze chimiche. La voce narrante annovera varie ipotesi sulle possibili cause, ma a quel punto Franco non sta già più ascoltando.
Afferra il cellulare e chiama Giovanni.

SCENA 13

L’acqua scorre nel lavandino schiumando sui piatti sporchi. Franco sospira ed immerge la spugna. Litigare con Giada era l’ultima cosa che ...

Domenica finalmente. Giada, sua figlia, oggi è da lui per il pranzo.
Ha impiegato buona parte della mattinata a cucinare i piatti che amava da bambina, ha imbandito la tavola con cura. Si è distratto per un po’ ed ora vorrebbe rilassarsi, parlare con lei, staccarsi da questa settimana strana.
Ma Giada siede a tavola assente. Non lo ascolta, le cuffie dell’iPod calate sulle orecchie, lo sguardo perso nel caotico vuoto della sua adolescenza.
– Giada, potresti anche toglierti quegli affari quando siamo a tavola…
Nessun cenno di risposta. Giada ondeggia lentamente la testa seguendo il ritmo della musica che solo lei sente.
– Giada, che diamine! – sbotta duramente Franco scuotendole una spalla.
Lei d’istinto dà una manata stizzita; nel farlo colpisce un contenitore di maionese sulla tavola che si schianta a terra andando in frantumi, sparpagliando roba gialla ovunque. Una chiazza che gli richiama alla mente tutto ciò che lo ossessiona dal giorno dell’incidente.
– Papà, ti droghi? – chiede malamente Giada.
Franco non risponde, ora non l’ascolta a sua volta. Sente i nervi fremere nel suo corpo.
Si volta e si affaccia alla finestra per prendere una boccata d’aria, mentre Giada sparisce per rifugiarsi in camera sua.
Proprio in quel momento, sulla strada di fronte a casa sta passando un mezzo pesante con la scritta TPK sul cassone.

SCENA 12

Domenica finalmente. Giada, sua figlia, oggi è da lui per il pranzo. Ha impiegato buona parte della mattinata a cucinare i piatti che ama...