Una guardia sbadiglia, sonnecchiando pigra su quella che a dir suo è una delle migliori panchine dei giardini della Cattedrale - sempre al riparo della calura per tutto il giorno grazie alla numerose piante che la circondano.
Lo sferragliare di corazze che s’avvicinano lo desta dal suo torpore, la vista appannata gli rivela due colleghi d’arme. Con uno sforzo titanico schiude le labbra e parla con voce impastata: “Il matrimonio non è ancora termina---?”
La frase termina con un rantolo, e con gli occhi strabuzzano per la sorpresa ed il dolore di trovarsi una spada che gli trapassa da parte a parte la trachea. Nemmeno il tempo di sanguinare ed il suo corpo è già polvere, mentre la lama di Samia freme bevendo a sazietà.

Finalmente tutti e tre gli avventurieri indossano le scintillanti armature degli armigeri del Re Silente.
La campana rintocca la fase finale del matrimonio, la Solenne Promessa.
“Ci siamo, affrettiamoci” esorta Raphael, “perché la cerimonia è ormai agli sgoccioli!”
Procedono verso la scalinata che conduce alle grandi porte d’ingresso del tempio con passo rapido e sicuro, certi di passare oltre il picchetto di sorveglianza.
Ma una delle guardie è un vecchio veterano attento, difficile da gabbare. Il suo occhio è dubbioso, e il suo naso quello di un segugio
“Ehi voi! Perché volete entrare? Cosa state facendo qui?” chiede ponendosi dinanzi a loro, inspirando e gonfiando il petto.
“Ci hanno dato l’ordine di rafforzare la sorveglianza, ed abbiamo eseguito prontamente!” ribatte fermo Raphael.
Il veterano saggia l’aria: "Puzzate di fogna, così come puzzano le vostre menzogne! Chi credete di prendere in giro? Dove vi siete procurati quelle armature?”
Shwiiin-shwin-shwiiin, è tutto uno sguainar di spade.
“Guardie! Prendiamo questi impostori!”

14 - IL FIUTO DI UN VETERANO

Una guardia sbadiglia, sonnecchiando pigra su quella che a dir suo è una delle migliori panchine dei giardini della Cattedrale - sempre al...

Gli uomini interrompono il loro pestaggio e si allineano su linee ordinate lasciando Ahmed pesto e sanguinante sul pavimento.
Due persone entrano da una porta, hanno divise da gerarchi fascisti ma i loro corpi sono consunti e la carne scomparsa se non per pochi brandelli.
I fascisti rimangono immobili con lo sguardo fisso mentre le figure passano in mezzo a loro.
Uno dei due si ferma davanti ad Ahmed, prende il suo viso tra le mani.
Ahmed si sente svuotare mentre il volto dell’uomo davanti a lui si ricompone e acquista colorito.
Alla fine il gerarca gli sorride con un sorriso radioso.
Ahmed si alza, la sua mente è attraversata da immagini di odio.
Uno dei fascisti gli si avvicina e gli da un manganello, un altro si toglie il bomber e glielo porge.
Gli altri gli danno pacche sulle spalle.
Ahmed si veste poi si volta verso i suoi nuovi fratelli.
“Andiamo” dice “conosco un paio di chioschi arabi aperti fino a tardi, andiamo a far capire a quegli esseri inferiori chi comanda”.
Quindi si gira e si incammina verso l’uscita.

SCENA 17

Gli uomini interrompono il loro pestaggio e si allineano su linee ordinate lasciando Ahmed pesto e sanguinante sul pavimento. Due per...

Ahmed riprende a  esplorare le gallerie seguendo le rune.
Si ritrova nella stanza dell’anfiteatro.
Ma non sa come uscire.
Mentre si guarda intorno sente dei passi.
Si gira e vede entrare da uno dei corridoi il sovrintendente dei beni culturali.
Lo guarda stupito.
L'uomo è tranquillo, come se si aspettasse di incontrarlo.
“Ahmed” dice l’uomo “hai girato così tanto che sarebbe un peccato non mostrarti dove sei giunto” l’uomo si sistema gli occhiali “e poi la nostra razza ha già fatto la sua parte per troppi anni, ora tocca alla vostra razza contribuire”.
Ahmed sente altri passi provenire dai vari corridoi.
Dalle altre porte entrano decine di uomini con i capelli rasati e bomber neri.
Ahmed prova a difendersi ma gli uomini lo picchiano selvaggiamente.

SCENA 16

Ahmed riprende a  esplorare le gallerie seguendo le rune. Si ritrova nella stanza dell’anfiteatro. Ma non sa come uscire. Mentre ...


Ahmed cammina per alcuni minuti in un passaggio di cemento.
Arriva a un crocevia con una stanza quadrata.
Su un piedistallo c’è una lampada ad olio simile a quella che aveva trovato e li vicino un cablogramma scolorito, la data è dell’agosto 1943.
Il cellulare si sta spegnendo, accende la lampada ad olio che ha in borsa.
Nella luce appaiono sui muri alcune rune gotiche.
Le segue.
Cammina fino a un sacrario sotterraneo.
Ci sono alcuni loculi incassati nei muri.
Le date di morte sono comprese tra il 1930 e l’agosto del 1943, i nomi sono italiani, le foto riportano ufficiali e gerarchi in divisa fascista.
Alcuni loculi sono incompleti e vuoti con le lapidi bianche appoggiate in terra.
Sul fondo ci sono due lapidi spaccate per terra.
Le date sono di inizio 1930, sono le due sepolture più antiche.
Guarda i loculi a cui appartenevano.
Sono vuoti.

SCENA 15

Ahmed cammina per alcuni minuti in un passaggio di cemento. Arriva a un crocevia con una stanza quadrata. Su un piedistallo c’è un...

Radgar indica finalmente una griglia sul soffitto: “Ecco, dovremmo esserci.”
Gli uomini fanno da scaletta per Samia, che spinge sulla grata metallica sollevandola quel tanto che basta per sbirciare fuori. Dietro un muro, davanti un cespuglio che copre parzialmente la vista della maestosa cattedrale della Città del Ferro e del Fuoco.
“Perfetto, siamo proprio dove volevamo!” esulta, facendo scivolare la griglia di lato. Uno ad uno gli avventurieri si aiutano ad uscire. Samia osserva gli armigeri del Re passeggiare lenti nei rigogliosi giardini antistanti il tempio, quando all’improvviso un rumore metallico alle sue spalle attira la sua attenzione e mette in allerta una ronda.
Radgar impreca sottovoce dopo essere inavvertitamente inciampato nella grata spostata ed aver provocato il trambusto.
Samia fa cenno ai compagni di restare nascosti, ci penserà lei. Forse questo imprevisto potrà addirittura giocare a loro vantaggio.
Osserva le due guardie confabulare tra loro, e constata la posizione degli altri soldati, tutti sufficientemente lontani.
Bisbiglia parole arcane e oscure afferrando le else delle sue spade gemelle, che vibrano eccitate percorse dal loro terribile potere, come belve impazienti davanti alla loro preda preferita. Samia reprime un brivido lungo le braccia, e la consapevolezza dell’orrore che sta per compiere.
Quando i due sono abbastanza vicini balza su di loro come un gatto, lasciando che la sua abilità trovi per le spade un varco verso le loro carni.
Prima ancora che possano gridare, i loro corpi rinsecchiscono come piante bruciate dal sole, mentre le lame gemelle bevono avide i loro fluidi e il loro spirito.
Rapidamente la loro pelle e i loro resti si polverizzano, lasciando a terra solo il guscio vuoto delle loro armature.

13 - I GIARDINI DELLA CATTEDRALE

Radgar indica finalmente una griglia sul soffitto: “Ecco, dovremmo esserci.” Gli uomini fanno da scaletta per Samia, che spinge sulla grat...

Ahmed è accecato dalla rabbia per quello che hanno fatto a Maria.
Ci deve essere qualcosa li sotto e ci deve essere di sicuro un’altra via per entrare, Giulio dice sempre che Torino è piena di sotterranei.
Prende una mappa della città.
C’è il condotto della metro e non lontano ci sono gli immensi sotterranei dell’8Gallery.
Torna allo scavo e scende nel condotto già scavato della metro.
Segue le pareti di cemento finchè trova un condotto di giunzione con le fogne.
Entra.
Segue diversi passaggi cercando di orientarsi.
Attraversa diversi cunicoli.
Forse sono davvero sotto l’8Gallery.
Gira ancora un po’ poi si rende conto di essersi perso.
Maledizione!
Inizia a camminare sempre più veloce, poi a correre.
A un certo punto si trova in un vicolo cieco.
Il cellulare gli segnala che dovrebbe trovarsi proprio sotto il palazzo che hanno chiuso.
Ma non c’è nulla.
Stanco si appoggia a un muro.
La parete si sposta all’indietro rivelando un passaggio.
Ma cosa diavolo...
Senza pensarci troppo si infila nel passaggio.

SCENA 14

Ahmed è accecato dalla rabbia per quello che hanno fatto a Maria. Ci deve essere qualcosa li sotto e ci deve essere di sicuro un’altr...

O'Donnell sbatte lentamente le palpebre nel tentativo di fermare il mondo che sta girando attorno a lui. Si rende conto che è disteso e qualcosa lo sta schiacciando a terra, quasi sicuramente una parte del pannello che una volta era il muro del bagno. Una disgustosa sensazione di bagnato avvolge la sua schiena e la parte posteriore di gambe e braccia. 
Non ci sono rumori o voci che riesce a distinguere, solo un fischio acuto che copre ogni altro suono e che gli rende difficile pensare; non ha mai provato la merda che produce, ma ora ha una vaga idea di come si sentano i suoi clienti quando lo sballo finisce.
In mezzo al fumo acre che si sta sprigionando dai reagenti, il vecchio nota un fugace movimento al limitare inferiore del suo campo visivo: Todd è fermo accanto alla porta, con il fucile puntato verso il basso. Non sa chi stia tenendo sotto tiro, ma è felice che non sia lui. Non riesce a trattenersi dal sorridere; a quanto pare la blindatura ha retto, salvando lui e Rick dall'impatto diretto dell'esplosione. Non si può dire lo stesso del muro tutt'attorno, i cui pezzi ora giacciono all'interno del bagno e sopra di lui. Dove una volta c'era la parete esterna, ora si vedono le nuvole correre nel cielo.
Il fischio si sta attenuando e gli permette di distinguere qualche suono; la voce di Todd, che sta urlando cose senza senso su delle improbabili congiure con i vietcong, il crepitio delle fiamme vicino al suo orecchio ed il lamento di qualcuno.
O'Donnell ruota lentamente la testa, cercando di non attirare l'attenzione del veterano, e nota la figura di Rosco, che sporge a metà da sotto la pesante vasca in ghisa. E' lui l'origine dei lamenti. Quindi dev'essere Rick la vittima del veterano.
Un paio di colpi di pistola provenienti dall'esterno coprono gli altri suoni; O'Donnell vede Todd abbassarsi d'istinto, cercando protezione dietro la porta deformata dall'esplosione. Una voce femminile sta urlando qualcosa, ma il fischio che ancora gli sibila nelle orecchie non gli consente di cogliere il senso delle parole.
"Cazzo, sono circondato!" urla il veterano, guardandosi attorno. Dopo aver puntato il fucile verso lo squarcio nel muro ed aver scaricato quanto rimaneva del caricatore, il veterano getta l'arma scarica e si lancia giù dalle scale.
O'Donnell prende alcuni respiri profondi, tossendo per il fumo, poi alza le braccia e si libera dei detriti che lo schiacciano al pavimento. Ogni muscolo del suo corpo gli intima di stare fermo, di rimanere disteso e di attendere che qualcuno venga a soccorrerlo. Ma sa che non può permetterselo: chiunque entri in questa stanza, anche il più stupido degli sbirri, capirebbe qual era la sua vera attività. Se rimane lì, sa che il suo futuro sarebbe una combinazione infinita di sbarre e tribunali. E non è un'opzione accettabile.
Il vecchio si alza in piedi e osserva ancora una volta la devastazione provocata dalla granata, notando solo ora il corpo immobile di Rick accanto alla porta. Povero stronzo, probabilmente non si meritava quella fine. Un suono gutturale attira la sua attenzione ed il suo sguardo si sofferma sulla figura di Rosco, ancora bloccata sotto la vasca.
"A... aiutami" balbetta lo sceriffo con un filo di voce. "Non sento più le gambe..."
"Mi spiace, vecchio mio. Non posso darti una mano, anche se lo volessi" replica impassibile. "E, per la cronaca, non voglio".
"Sei solo un... figlio di... puttana" biascica Rosco, allungando la mano per tentare di afferrare i pantaloni del vecchio.
"Sì, è molto probabile" ribatte O'Donnell, allontanandosi di un passo. "Ora scusami, ma non posso farmi trovare qui".
L'uomo esce attraverso lo squarcio nel muro ed imbocca le scale, diretto verso il suo ufficio. Le fiamme stanno lambendo il primo piano, quindi nessuno entrerà in casa fino a che i pompieri non avranno spento l'incendio. E questo lascia ad O'Donnell il tempo necessario per recuperare tutto il suo denaro.
Con quello potrà di sicuro iniziare una nuova vita altrove. In un'isoletta del Centro America dove non c'è estradizione, per esempio.

27 - IL DENARO PER LA FUGA

O'Donnell sbatte lentamente le palpebre nel tentativo di fermare il mondo che sta girando attorno a lui. Si rende conto che è disteso...

Gli avventurieri si risollevano provati dallo scontro con il mostro ciclopico. L’ascia in mezzo all’occhio l’ha ucciso e dell’icore marrognolo sgorga lento dalla ferita, invadendo l’ambiente con un lezzo peggiore di quello dei liquami di scolo.
Rintronati e lenti i tre faticano a riprendere consapevolezza. In lontananza le campane stanno smettendo i loro rintocchi, segno che il matrimonio sta entrando nella sua seconda fase.

La prima a trasalire per lo stupore è Samia. Il suo sguardo è fisso sul suo corpo pietrificato. Una statua identica a sé stessa a pochi passi di distanza.
“Non è possibile, io… io… ho resistito!” guarda sconvolta i compagni. “Io sono qua, sono viva, mi vedete!”
Samia si tocca per accertarsi di essere reale. “Ricordo perfettamente di averla scampata, non sono diventata una statua! Forse… forse era già qua prima…?”
Raphael le mette una mano sulla spalla: “Sì, sei viva, non ti stai ingannando. Siamo vivi…” afferma pacato indicando un punto in alto sulla parete.
Là, vicino ad uno scolo, c’è il corpo impalato di Raphael, con l’armatura trapassata da parte a parte al centro del pettorale da una delle acuminate appendici del mostro.
Samia è incredula: “Ma tu…”
“Sono vivo.”
“Non capisco… cosa significa?”
“Non lo so… ma sono vivo tanto quanto te…”
“Quei corpi avvizziti che abbiamo trovato prima, nelle fogne…” interviene Radgar.
“Ci assomigliavano terribilmente anche loro, vero?”
“Eravamo noi… questi siete voi… che diavolo sta succedendo qui?”
“Non lo so, davvero…” dice Raphael. “L’unica cosa di cui sono certo è che il tempo corre e non ci aspetteranno per il banchetto nuziale. Capiremo più tardi che razza di stregoneria è questa, muoviamoci a uscire da qui.”

12 - DESTINI ALTERNI

Gli avventurieri si risollevano provati dallo scontro con il mostro ciclopico. L’ascia in mezzo all’occhio l’ha ucciso e dell’icore marrog...

Ahmed guarda il letto immacolato e le macchine bianche che ogni tanto emettono un "bip".
Maria è in coma.
I medici dicono sia stabile e che molto probabilmente si riprenderà ma non sanno tra quanto e non possono escludere lesioni permanenti.
Un ispettore di polizia gli ha detto che la ragazza è stata trovata sanguinante in un vicolo, con diverse fratture e ematomi.
Si sospetta un crimine d’odio.
L’ispettore è stato molto comprensivo ma Ahmed non è riuscito a dirgli nulla di utile.
“Non si preoccupi” ha concluso l’ispettore “le prendiamo quelle bestie”.
Ha stretto la mano ad Ahmed ed è uscito.
Ahmed continua a guardare i capelli scuri di Maria sul cuscino bianco.

SCENA 13

Ahmed guarda il letto immacolato e le macchine bianche che ogni tanto emettono un "bip". Maria è in coma. I medici dicono...

Tutti i poliziotti si gettano a terra d'istinto quando la violenta esplosione sradica parte del muro del primo piano della villa di O'Donnell. Pezzi di legno, mattoni ed intonaco si riversano come grandine sulle volanti della polizia, sull'asfalto e nei giardini dall'altra parte della strada. Un agente esplode in un urlo di dolore quando una grossa scheggia gli penetra nella spalla, tingendo di rosso la camicia.
Jenny, colta alla sprovvista, si copre la testa con le mani; ogni tonfo che sente la fa sussultare. Quando il rumore dei detriti viene sostituito dalle urla dei poliziotti, apre gli occhi e raddrizza lentamente la schiena. La villa di suo suocero, un tempo maestosa e immacolata, sembra ora il soggetto di una delle vecchie fotografie provenienti dal fronte: una parte del tetto è stata scoperchiata ed al primo piano, dove prima c'era una finestra incassata nel muro, ora si apre un largo squarcio che espone le travi del pavimento ed i montanti in legno delle pareti. Quel che rimane della carta da parati, scollata dal muro, si agita mossa dall'aria e dal denso fumo che inizia a sprigionarsi dall'interno dell'abitazione.
Alcuni movimenti, nascosti dalla cortina scura, attirano l'attenzione di Jenny. La donna si alza lentamente in piedi per vedere meglio e sente una mano sulla spalla. Si volta di scatto e nota l'agente Parrish accanto a lei. "Signora O'Donnell, sta bene?"
La voce dell'agente è tentennante, l'esplosione deve aver scosso anche i suoi nervi.
"S-sì, tutto a posto" balbetta Jenny in risposta, tornando a guardare in direzione della villa.
"Mi dovrebbe restituire la..."
La frase di Parrish viene interrotta a metà dall'esclamazione della donna. "Eccolo! E' lui, il negro che mi ha tamponato!" esclama, puntando il dito verso un'ombra in mezzo alle volute di fumo. "E' armato!"
L'agente alza la testa e tenta invano di distinguere qualcosa in mezzo alla densa cortina che avvolge il piano superiore della casa. "Io non vedo niente" balbetta, strizzando gli occhi.
"E' lui, le dico! Ed ho anche visto mio marito! O mio Dio, è ferito!" urla Jenny, scrollandosi di dosso la mano di Parrish. Senza esitare, si appoggia al cofano della volante e scivola dall'altro lato.
"Signora, no! E' pericoloso!" urla invano l'agente.
Jenny, con la pistola in pugno, sta già correndo verso la casa.

26 - PIOGGIA DI DETRITI

Tutti i poliziotti si gettano a terra d'istinto quando la violenta esplosione sradica parte del muro del primo piano della villa di O...

Alcune settimane prima…

L’abbagliante fiamma di tre fiaccole si è spenta, rivelando non maschere senza lineamenti, ma i loro tre volti.
“Dev’essere la maledizione che quel bastardo ha scagliato su di noi prima di morire!” esclama Radgar sputando sul cadavere dello stregone.
“Cosa intendi?” chiede Raphael.
“L’ho sentito chiaramente sillabare parole senza senso mentre lo sbudellavo, ma non pensavo fosse un sortilegio, altrimenti mi sarei affrettato a finire il lavoro senza godermi la sua agonia!”
“Cosa succederà ora, Raphael?” chiede Samia.
“Non lo so di per certo. Ma tutto ciò, sicuramente, è un infausto presagio.”

11 - MALEDIZIONE

Alcune settimane prima… L’abbagliante fiamma di tre fiaccole si è spenta, rivelando non maschere senza lineamenti, ma i loro tre volti. “D...

Il cellulare di Ahmed squilla.
[Numero Sconosciuto]
Risponde.
“Pronto?”
“Smettila di impicciarti dello scavo”.
“Chi sei?”
Ma la chiamata è già stata interrotta.
Arrabbiato Ahmed prende il pullman e va allo scavo.
Il cantiere è vuoto, scende nel sotterraneo deciso a vederci chiaro.
La crepa è stata murata.
Il cellulare squilla.
[Numero Sconosciuto]
“Smettila di chiamarmi vigliacco!”
“Signor Ahmed, sono della polizia, sua figlia Maria è all’ospedale”.
Il cellulare di Ahmed cade sul pavimento.

SCENA 12

Il cellulare di Ahmed squilla. [Numero Sconosciuto] Risponde. “Pronto?” “Smettila di impicciarti dello scavo”. “Chi sei?” M...